Lady Adele è un racconto che scrissi qualche anno fa e che pubblicai, quando ancora usavo il nom de plume Georgette Grig, su La Romance Magazine e sul blog La mia biblioteca romantica (ringrazio ancora Francy della Rosa per la bella cover che per l'occasione realizzò e che ripropongo qui). Per l'occasione, il racconto è stato rieditato.
Enjoy!
LADY ADELE
Londra, novembre 1900
Con
un impercettibile fremito smontò dalla carrozza, il capo chino, le vesti
strette nella mano destra, la sinistra appoggiata al braccio del vetturino.
Sollevò appena il viso velato e scorse il primo dei cinque scalini che
l’avrebbero condotta nella casa. Alzò lo sguardo.
Nella
nebbia densa e maleodorante di quella notte lontana, i globi che illuminavano
l’ingresso del palazzo le sembrarono entità fluttuanti, eteree, irreali.
Paurose.
Un
altro fremito, forse di timore o di inopportuna anticipazione, scosse le tenere
viscere di Lady Adele quando la sua mano guantata, esile ed elegante, impugnò
l’anello lucente del battiporta e lo batté una, due, tre volte. In modo
imperioso, impaziente.
Indignato.
Già
la carrozza si allontanava, lasciandola
avvolta nella nebbia, sola, preda dei
suoi pavidi desideri e della sua collera. Quando il portone si spalancò la
pendola nell’ingresso cominciava a suonare i suoi rintocchi, uno dopo
l’altro…sette, otto, nove.
Era
in ritardo.
Adele
entrò e con un solo, rapido cenno della mano chiarì al servitore indiano che il
mantello e il copricapo che indossava sarebbero rimasti dove si trovavano.
Con
un inchino l’uomo la pregò tacitamente di seguirlo, cosa che lei con prontezza
fece. Salirono al primo piano. In fondo a un lungo corridoio il servitore bussò a una porta ed
entrò.
“La
vostra ospite, Sir.”
Adele
rimase immobile, come un dipinto incorniciato nello stipite della porta, un
vivido ritratto dalle dimensioni reali. E non si mosse sino a quando Mr
Lancaster, alzandosi dalla grande scrivania, le andò incontro invitandola ad
entrare. Nonostante le maniere misurate e impeccabili, i suoi occhi tradivano
l’impazienza e la collera di chi non è uso attendere.
“Grazie
di essere venuta my lady. Vi prego, accomodatevi.”
La
voce era profonda, morbida, ma non indulgente.
Adele
entrò. L’uomo richiuse la porta dietro di lei. A chiave.
Si
trovavano in uno studio ampio ed elegante, illuminato come il resto della casa
dalla luce elettrica. Una vetrata occupava quasi per intero una delle pareti,
mentre le altre erano rivestite da scaffalature che correvano sino al soffitto,
cariche di libri di ogni dimensione e genere. Di tomi ce ne erano un po’
dappertutto, anche per terra, sistemati in piccole pile pericolanti, sulla scrivania, sul tavolino di fronte al camino
acceso. Adele si guardò intorno e notò subito l’altra porta con un brivido di incertezza che domò in modo infantile, sollevando il mento e
raddrizzando le spalle.
“Sono
onorato che non vi siate scordata del nostro appuntamento, signora…sebbene il
vostro ritardo mi abbia fatto temere il peggio.”
“Considerata la situazione, come avrei potuto scordarmene, signore?” gli
rispose lesta, il tono della voce palesemente sarcastico.Lui alzò un sopracciglio, in un gesto insolente e canzonatorio.
“C’è
sempre la possibilità di scegliere, di cambiare idea, my lady.”
“Non
per tutti, signore.”
Adele si era messa intanto a camminare in modo
distratto lungo il perimetro della stanza, come se fosse vagamente interessata
ai titoli dei libri, ma giunta davanti
alla seconda porta si fermò e la aprì con un gesto deciso.
Non
che non sospettasse quale genere di camera quella porta celasse. Oh, lo sapeva
benissimo. Era la ragione della sua visita, in fondo. Ciononostante, smaniava
di vederla, di respirarne il profumo, di provare il brivido che la mera
consapevolezza della sua vicinanza le avrebbe dato.
Rimanendo
sulla soglia, sbirciò dentro. Era una bella camera, decise. Raffinata,
semplice. Maschile. Profumava di sandalo, di spezie lontane e forse di whisky.
Illuminato dal fuoco che bruciava nel camino, un grande letto a quattro colonne
campeggiava contro la parete di fondo, già pronto per la notte. Il candore
delle lenzuola di seta brillava nella semioscurità promettendo sensuali carezze
sulla pelle nuda. Anticipando quel piacere, Adele si girò verso Lancaster,
incurante di essere arrossita. Dopotutto, il viso era ancora velato...
“Vedo
che tutto è pronto per il nostro incontro”
disse con leggerezza.
“Voi
lo siete, signora?”
“Cambierebbe
lo stato delle cose se io non lo
fossi?”
“No.”
Richiuse
la porta della camera da letto e quando si girò Lancaster le era vicino.
Troppo.
“Avete
indossato ciò che vi ho chiesto?” le chiese.
Senza
una sola parola Adele aprì il mantello e se lo fece scivolare lungo il corpo,
finché cadendo non formò una pozza nera ai suoi piedi. Lancaster sentì un nodo
chiudergli la gola e il cuore accelerare all’improvviso. Adele portava l’abito
che lui le aveva inviato, identico a quello che indossava nelle sue fantasie, rosso
come la passione che da mesi lo infiammava. Non riusciva a distogliere lo sguardo
dalle sue spalle nude e dalla scollatura indecente, tanto profonda da lasciar
intravedere l’ombra più scura dei capezzoli quando il respiro le sollevava il
seno.
Neppure
la sua stessa immaginazione aveva osato tanto.
Lancaster
sentì il cuore mancare un colpo e un involontario gemito svuotargli i polmoni.
Si concesse un respiro profondo prima di mormorare:
“Grazie
per avermi accontentato, my lady. Siete ravissante.
Come la mantiglia che seduce e ammalia il toro, che lo attira verso la
morte.”
“Ah!”
esclamò lei sarcastica. “E sareste voi
il toro? Pensavo a voi più come al matador, per la verità. Pronto ad
uccidere, non certo ad essere ucciso.”
“Posso
prenderlo per un complimento?”
“Prendetelo
come più vi garba, come fate con tutto quanto, del resto.”
“Quando
dite tutto quanto includete anche voi stessa? Perché mi sembrerebbe una
dichiarazione impegnativa da parte
vostra. In fondo non ho osato chiedervi che una sola notte…”
“Ah,
signore! Non siate volgare, almeno.”
Il
sorriso sensuale dell’uomo si aprì a una risata, mostrando denti bianchissimi e
regolari. Adele provò il desiderio di sfiorargli le labbra con le dita. Per
qualche istante rimase a meditare su quale dito avrebbe usato per primo. Il
volto le si imporporò di nuovo.
“Avete
mai visto una corrida, Lady Adele?”
Quella
domanda la riportò con un sussulto colpevole dagli abissi di un desiderio
malandrino alla realtà di quel momento.
“Una
corrida?” Il capo ancora velato si piegò all’indietro, in un segno d’insofferenza.
“Non
riesco davvero a comprendere questa vostra predisposizione a parlare di tori,
mantiglie e toreri, signore. Mi state annoiando.”
“Ciò
è gravissimo…” fece lui, ironico.
“Comunque…”
continuò Adele dandogli all’improvviso le spalle, “sì, l’ho vista. In una
torrida estate a Toledo. Uno spettacolo disgustante, un inutile sacrificio
pagano al dio della virilità cui tutti gli uomini sembrano essere alquanto
devoti.”
Lui
sorrise, condiscendente.
“Come
potremmo non invocarlo, signora, quando creature come voi ci tolgono il bene
della ragione?”
Le
si avvicinò. Uno, due, tre passi. Delicatamente la fece ruotare su se stessa.
Le era talmente vicino che il velo di Adele ondeggiava al ritmo del respiro di
lui.
“Levatevi
il velo e il copricapo, signora. Voglio vedervi in volto. Voglio potervi
accarezzare i capelli, se me ne verrà la tentazione. Scioglieteveli. Adesso.”
“E
se mi rifiutassi?”
“Avete
già scordato il nostro accordo?”
“Il vostro ricatto, volete dire.”
“A
cui vi state piegando con estremo piacere, oserei dire.”
Adele
alzò una mano per colpirlo, ma la lasciò ricadere subito, intimorita dal
bagliore che vide brillare negli occhi rapaci dell’uomo e dalla verità di
quelle parole.
Batté un piede per terra, in un palese e infantile gesto di stizza.
“My lady…” fece lui, esortandola con un gesto affrettato della mano a procedere.
“My lady…” fece lui, esortandola con un gesto affrettato della mano a procedere.
“Voglio
vedere la lettera, prima.”
“Dopo.”
“Adesso.”
“Il
velo, e il cappello. Via. Subito.”
“Il
velo. Mi toglierò il velo. Poi voi mi mostrerete la lettera e anche il cappello
cadrà.”
Lui
le sorrise, rubandole il fiato per un istante, ricacciandola indietro nel
tempo, alla prima volta che si erano incontrati. La voce di Lancaster la
riportò al presente.
“E
sia. Vi accontenterò. Il velo, poi la lettera.”
Immobile,
Lancaster rimase ad osservarla mentre alzava con deliberata lentezza i lembi di
quella stoffa sottile e impalpabile, come fosse un sipario. Per un istante si
perse nei lineamenti di quel viso straordinario, volitivo, per nulla etereo: un
naso piccolo, leggermente aquilino, zigomi alti, importanti, occhi grandi,
grigi come un cielo d’inverno, incorniciati da ciglia lunghe e nere. Labbra
piene e accese. Di queste lo sguardo di Lancaster sembrava non essere mai
sazio.
Adele
gettò a terra il velo e allungò una mano, in palese attesa di quanto lui le
aveva promesso in cambio. Come in preda a un raptus, lui le catturò le dita con
un gesto repentino, per nulla delicato, e se le portò alle labbra. Con un piacere
profondo, quasi indecente, vide gli occhi di lei dilatarsi per la sorpresa e
gli parve di sentire il frenetico pulsare del sangue nelle vene di lei.
Il calore
della sua pelle lo infiammò.
Le
sorrise, sfacciato, provocatore, come si fossero appena incontrati a un evento
mondano, a una festa o all’opera. Poi, affamate, le sue labbra si posarono sul
polso di Adele, al suo interno, incuranti del fragile guanto di pizzo nero che
lei indossava. Succhiarono con dolcezza proprio là dove più forte batteva il sangue,
accarezzarono umide la pelle calda e profumata.
Mentre
Adele rimaneva a bocca spalancata, ansante, l’espressione del volto incerta tra
piacere e indignazione, lui le lasciò la mano, andò alla scrivania e da un
cassetto estrasse una busta bianca. Poi, sventolandola leggermente, gliela
porse.
“Ecco
la vostra lettera, signora.”
“Terrete
fede alla parola data? Annullerete il debito a mio marito?” “Preferirei vederlo
marcire a New Gate, ma manterrò la mia promessa. Se voi manterrete la vostra.”
Lei
aprì il foglio e cominciò a leggere. Lui riprese a parlare, con voce seducente,
calda, invitante.
“Perché
non lo lasciate, avete mai sentito parlare di divorzio?” chiese ironico.
Nonostante
l’apparente indifferenza di Adele a quelle parole, Lancaster colse un fremito
di speranza nella donna, un guizzo negli occhi, un improvviso tremore, subito
represso.
“Potreste
partire con me, o raggiungermi a New York.”
Un
altro fremito. Poi un respiro profondo.
“Non
dite sciocchezze, Mr Lancaster” gli rispose, riconsegnandogli la lettera.
Lui
gliela prese di mano, sicuro di averle instillato quanto meno l’ombra del
dubbio. Sorrise compiaciuto, poi ripiegò il foglio e dopo averlo riposto con
cura nella tasca della giacca, disse:
“Il
cappello, ora.”
Senza staccare gli occhi dai suoi, Adele prese ad armeggiare con gli spilloni
dell’ampio cappello e in breve anche questo volò a terra. Ciocche lisce e nere
sfuggirono all’elaborata capigliatura che, come per miracolo, a un ultimo tocco
di Adele si sciolse. I capelli, lunghi e lucenti, le caddero sulle spalle come
scompigliati da un vento impetuoso o dalle mani avide di un amante. Lancaster
non riuscì a resistere al loro richiamo: ne prese una ciocca fra le dita e se
la portò alle labbra prima di lasciarla ricadere con un gemito.
“Sapete quanto ho sognato questo momento, Adele?”
“Sapete quanto ho sognato questo momento, Adele?”
L’aveva
chiamata per nome, come se ormai ne avesse il diritto.
“Da
non più di un mese, dal momento che la prima volta che ci siamo incontrati è stato
al ricevimento dei Ballards” ribatté lei concreta, cercando di nascondere con
l’evidenza dei fatti il brivido che quel gemito le aveva provocato.
Lui
sorrise ironico, abbassò il capo e le avvicinò le labbra all’orecchio
scatenando in lei un’onda di piacere imprevisto, inopportuno.Vile. “Bugiarda,
sapete bene che sono passati due anni da quando ci siamo inontrati la prima
volta…”
Sentire
la voce roca e calda di Lancaster accarezzarla in quel punto tanto sensibile
cancellò ogni sua sicurezza e prudenza. Non più nascoste dal velo, le sue
labbra socchiuse divennero impazienti e le
guance si imporporarono. Il capo si piegò di lato e le palpebre
crollarono mentre offriva a quell’uomo la candida pelle del suo collo. Mentre
gli offriva tutta se stessa.
*
Lancaster
si lasciò andare ad un sorriso di vittoria. La donna era sua, almeno per quella
notte, forse per sempre se avesse
giocato bene le sue carte. Così respinse la fretta. Si allontanò da lei
che, in attesa di essere baciata, era rimasta immobile come una vergine
sull’ara del sacrificio.
Prima
di aprire gli occhi ed esplodere in un indignato: Oh!
*
Si
girò dove lui avrebbe dovuto essere, senza trovarlo. Poi lo scorse comodamente seduto in poltrona, un sorrisino
strafottente sulle labbra.
Arrogante borghese americano, pensò, incerta su quale di
questi tre termini ritenesse più offensivo.
“Avete
cambiato idea, signore? Ditemi se è così, che me ne vado all’istante. E con
sommo piacere” disse, veemente.
“Avete
fretta di concludere… il nostro accordo, my lady?”
Un
altro oh! Ancora più indignato.
“Vi
rammento, Adele, che mi avete promesso tutta la notte. Dodici ore. Fino alle
nove di domattina. E non è passata che una mezz’ora.”
Adele,
piccata come una bimba messa in castigo, si sistemò sull’altra poltrona,
dandogli le spalle.
“Mantengo
sempre la mia parola, signore, e vi rammento che l’accordo era fino alle otto”
ribatté guardando fissa davanti a sé.
“Alle
otto… se foste arrivata puntuale. Non ho alcuna intenzione di condonarvi
un’ora, se per questo neppure un minuto. Ma… che ne direste di andare a cena?”
Le porse la mano. “Non avete fame?”
Mangiarono
ostriche e cibo indiano, speziato, piccante, sensuale. Bevvero champagne
ghiacciato. Il cibo, lo champagne, la conversazione fitta e quasi allegra
diedero una nota di normalità al loro appuntamento segreto e licenzioso, come
se da anni entrambi attendessero quell’occasione, lei per essere corteggiata,
lui per corteggiarla. Mesi di
inappuntabili appuntamenti vissuti in un paio d’ore. Diedero
qualche colpo di stecca, danzarono, cantarono. Si spostarono da una stanza
all’altra di quella grande casa come fossero in una meravigliosa città eretta
solo per loro. Liberi e deliziosamente soli. Poi, a mezzanotte, lui la prese
per mano e la ricondusse nello studio.
E
richiuse la porta a chiave.
“Vi
ricordate, ora, in che occasione ci siamo incontrati, prima del ricevimento dei
Ballards?” chiese.
Lei
abbassò gli occhi, non era più il momento di mentire.
“Come
potrei aver dimenticato? Sul Mauritania, in navigazione verso New York. Non vi
ho mai scordato, signore. Nessuno aveva mai osato baciarmi così prima di quella
notte, men che meno uno sconosciuto.”
Lui
sorrise e le si avvicinò. Con gentilezza le sollevò il viso e la costrinse a guardarlo negli occhi.
“E dopo quella notte, ?”
Lei
scosse il capo e mormorò: “Nessuno.”
“E’
stato lo stesso per me” sussurrò lui, prima di accostare le labbra avide alle
sue. Con una lentezza che a lei parve crudele.
“Vorreste
essere di nuovo baciata in quel
modo?” mormorò senza permettere alle loro bocche di separarsi.
Questa
volta Adele annuì vivacemente, senza cessare di guardare quegli occhi che le
promettevano il paradiso. O forse l’inferno.
Per
una sola notte.
Lancaster
le prese il volto fra le mani mentre già cominciava ad esplorare e ad
assaporare l’interno di velluto della bocca di Adele con passione crescente,
senza gentilezza, come se stesse divorandola. Come se stesse possedendola.
Attese
cauto che le braccia di Adele si stringessero a lui prima di cedere al proprio
ardore, prima di accarezzarla come fosse già sua, prima di lasciar scorrere le
sue dita leggere lungo il collo morbido e pulsante di lei, sulle sue spalle di
seta, sui suoi fianchi invitanti. Sui suoi seni impazienti. La sentì fremere di
una passione primitiva quando la liberò dal giogo dell’abito, gemere di un piacere
che lo inebriò sino a renderlo folle di desiderio quando si chinò a succhiarle
i capezzoli.
Un’urgenza
adolescenziale si impadronì di lui. La necessità di prenderla subito contro una
parete o sulla scrivania gli offuscò la mente. Ma non poteva, non doveva.
Respirò.
Si calmò.
La
sollevò fra le braccia e con tenerezza
la portò sino al letto senza mai smettere di possedere la sua bocca, senza mai
smettere di pensare a una sola cosa.
Sua.
Lei era sua ormai.
Quella
notte e per sempre.
Fine
E se avete piacere, lasciate una vostra impressione nei commenti.
Grazie per avermi letta. :)
Yours truly
Viviana